Conflitti, sanzioni e aiuti militari

Supponiamo che un paese minacci di attaccarne un altro. Entrambi i paesi non conoscono con certezza la propria potenza militare. Se scoppia un conflitto, i paesi imparano qualcosa sulla propria forza in base all’esito dello scontro. Altri paesi potrebbero decidere di intervenire e, quando lo fanno, il loro coinvolgimento influisce non solo sulle probabilità di vittoria delle due parti, ma anche su ciò che i paesi apprendono dal campo di battaglia.

Il recente articolo "Learning the hard way: Conflicts, sanctions and military aid", pubblicato nel Journal of Public Economics da Edoardo Grillo e Antonio Nicolò dell’Università di Padova, esplora l’intervento strategico di terze parti nei conflitti. Gli autori analizzano come l’intervento di un terzo paese, tramite sanzioni e aiuti militari, influenzi l’esito di un conflitto e ciò che l’aggressore apprende riguardo alla propria forza.

  Quali sono i principali risultati?

Un risultato importante è che il coinvolgimento di un terzo paese non consiste semplicemente nell’aiutare il paese sotto attacco. In realtà, questo coinvolgimento dipende molto da quanto l’aggressore appare forte. L’aiuto offerto può inizialmente aumentare se l’aggressore sembra più potente, poiché il terzo paese cerca di farlo perdere e ridurne la fiducia in sé stesso. Tuttavia, se l’aggressore appare troppo potente, il terzo paese potrebbe ridurre il proprio intervento per evitare un coinvolgimento rischioso e probabilmente fallimentare, che finirebbe per rafforzare ulteriormente la fiducia dell’aggressore.

Un altro risultato importante è che un paese realmente determinato a difendersi ha maggiori probabilità di ricevere aiuto. Se il paese minacciato dimostra una forte volontà di combattere anche senza assistenza esterna, un terzo paese sarà più propenso a intervenire e fornire aiuti militari.

Il coinvolgimento di terze parti nei conflitti è quindi un gioco complesso, volto a gestire la fiducia degli aggressori potenziali ed è fortemente influenzato sia dalla forza percepita dell’attaccante sia dalla determinazione del difensore.

  Come è stata condotta la ricerca?

Gli autori hanno sviluppato un modello teorico per analizzare le interazioni strategiche nei conflitti internazionali che coinvolgono un potenziale aggressore, un difensore e un terzo paese interveniente. Nel loro modello, i paesi sono agenti razionali: prendono decisioni strategiche per massimizzare il proprio guadagno atteso.

Il modello considera l’incertezza riguardo alla forza militare relativa dell’aggressore e come tale incertezza venga aggiornata in base agli esiti del conflitto.

Analizzando gli incentivi di questi attori razionali, gli autori derivano gli esiti di equilibrio del gioco. Ciò implica individuare le strategie che ciascun paese adotterebbe logicamente, date le possibili azioni e i benefici degli altri, arrivando così a trarre conclusioni sulle strategie di intervento da parte di terzi, sull’uso degli aiuti militari e delle sanzioni, e sul ruolo di fattori come la determinazione del difensore e la fiducia dell’aggressore.

  Come possono i risultati di questa ricerca aiutarci a comprendere i conflitti passati, presenti e futuri?

Questa ricerca fornisce spunti su conflitti specifici, come la risposta internazionale limitata alla Russia in Georgia e in Crimea rispetto alla risposta più ampia in Ucraina. Quando la Russia ha attaccato la Georgia o la Crimea, la sua forza militare era schiacciante. Come prevedeva il modello, la comunità internazionale non è intervenuta nel conflitto. Al contrario, quando la Russia ha attaccato nuovamente l'Ucraina nel 2022, l'Ucraina aveva rafforzato le sue capacità militari e aumentato il livello di patriottismo tra i cittadini.

I risultati del modello si applicano non solo ai conflitti passati e presenti, ma anche a quelli futuri potenziali. Pensiamo, per esempio, alla crescente tensione tra la Cina e gli Stati Uniti riguardo a Taiwan. L’esperienza limitata dell’esercito cinese in conflitti militarizzati recenti suggerisce che possa esserci incertezza sulla sua reale forza militare. Secondo il modello degli autori, nel prendere una decisione riguardo il loro supporto a Taiwan gli Stati Uniti dovrebbero prendere in considerazione cosa tale supporto insegni alla leadership cinese e gli effetti che questo potrebbe avere su future escalation.

Inoltre, l’analisi implica che il governo taiwanese potrebbe ricevere più aiuti da parte di terzi e, quindi, avere maggiori possibilità nella disputa se la sua determinazione a preservare l'indipendenza dei cittadini e la difesa dalla democrazia sono elevati.